La dipendenza ha cambiato pelle, ma fa più danni di un tempo.
E’ aumentato il ricorso a sostanze illegali, l’abuso di alcool, e negli ultimi anni si è aggiunto il dilagare del gioco d’azzardo che sfocia nella ludopatia.
Ma non c’è un’adeguata percezione della gravità del fenomeno, e gli investimenti pubblici sono assolutamente inadeguati.
L’analisi severa e preoccupata arriva da Pietro Farneti, consigliere delegato della Fondazione Eris che si occupa di cura delle dipendenze e ha in carico 900 persone con ambulatori e comunità a Milano, Meda e Limbiate e uno che partirà tra poco a Pavia.
“Quello che preoccupa maggiormente è lo sdoganamento culturale della cannabis light, molto usata dai giovanissimi: si è abbassata la percezione del rischio e c’è un’accettazione sempre più generalizzata del ricorso a questa e ad altre sostanze. Un fenomeno che si associa alle difficoltà educative che colpiscono la famiglia e la scuola e alle conseguenze della pandemia, che ha fatto aumentare gli stati di difficolta psicologica e sociale. Per molte persone il consumo di sostanze è diventato una sorta di rifugio rispetto alle fatiche della vita, alla noia, alla solitudine, alla crisi della persona”.
Alla gravità e pervasività del fenomeno non corrisponde la necessaria sensibilità da parte delle istituzioni: gli operatori non sono adeguatamente supportati, la spesa sulla salute pubblica in questa direzione è inadeguata, i professionisti e gli enti del terzo settore che sono in prima linea per contenere queste derive non ce la fanno. “Eppure dai reparti di psichiatria ci arrivano dati che parlano di una metà dei ricoverati che fa uso di sostanze. E’ una bomba a orologeria che rischia di scoppiarci tra le mani”.
A livello della comunicazione, Farneti nota che non c’è un’attenzione adeguata. “I riflettori dei media si accendono quando accadono fatti clamorosi, come è accaduto a Milano per il caso del cosiddetto boschetto di Rogoredo e in occasione di delitti eseguiti sotto l’effetto di sostanze, ma per il resto prevale il silenzio”.
Ed è silenzio anche sulle storie positive di chi è riuscito a uscire dal circolo vizioso della dipendenza: “Le cronache di giornali raccontano di chi è caduto, ma ci sarebbe molto da raccontare su quanti, adeguatamente aiutati, sono riusciti a rialzarsi e a ritornare a una vita serena”.
Giorgio Paolucci