“Considero Kayròs la mia seconda famiglia. Qui sono stato accolto come un figlio, qui sono cresciuto, sono stato accompagnato nel mio percorso scolastico, ho imparato a conoscermi e ad affrontare la vita. E ho incontrato un uomo che mi è stato padre: don Claudio Burgio. Spero che quello che è accaduto a me possa accadere anche ai ragazzi che sono ospitati adesso a Kayròs”.
Parola di Lamine Gaye, un gigante di 25 anni originario del Senegal, che il 12 maggio dell’anno scorso, insieme all’amico e connazionale Moussa Toure, ha salvato una famiglia ucraina rimasta intrappolata in un incendio in un appartamento di Vimodrone.
Pochi giorni fa la comunità di Kayròs ha ospitato un incontro che ha visto come protagonisti “salvati e salvatori”, insieme al sindaco di Vimodrone, Dario Veneroni.
Più volte sono riecheggiate le parole “padre” e “figlio” negli interventi di Lamine, di Viktoria Kovalchuk (la madre dei due ragazzi salvati dalle fiamme insieme alle nonne) e del sindaco Dario Veneroni.
“Nella traversata in mare sul barcone, dalla Libia verso la Sicilia, ho passato momenti terribili – è il racconto di Lamine -. Credevo di morire, e per tutta la vita sarò riconoscente agli uomini della Guardia Costiera che mi hanno salvato. Quando ho visto quell’incendio a Vimodrone, il cuore mi ha detto che dovevo fare qualcosa per salvarli, come era accaduto a me. Ho fatto la cosa giusta”.
“Kayros è un’eccellenza educativa di cui la nostra città è fiera e che dobbiamo aiutare a conoscere e a valorizzare – ha detto il sindaco – Il gesto di Lamine e di Moussa diventi un esempio per i giovani del nostro territorio”.
All’incontro era presente un altro “grande padre”, don Gino Rigoldi, che da cinquant’anni accompagna i percorsi di rinascita dei giovani al carcere minorile Beccaria di Milano.
Anche nelle sue parole è emersa l’importanza decisiva di persone capaci di testimoniare che c’è sempre una possibilità di “ripartenza” da offrire alla libertà dei giovani.
Giorgio Paolucci