Alain sa bene cosa vuol dire la speranza.
Lui, che sperava di diventare una star del pallone, ha fatto i conti prima con le promesse illusorie di chi gli aveva fatto balenare davanti agli occhi una carriera luminosa, e poi con un infortunio che gli ha precluso il mondo del calcio agonistico.
Oggi, quarant’anni, sposato, tre figli, educatore a Kayros, dice ai giovani di non smettere mai di sognare ma anche di fare i conti con la realtà, per non finire vittime dei miti.
“Sono nato e cresciuto in Camerun, so per esperienza cos’è una vita irta di ostacoli e ho imparato quanto sia importante avere chiaro qual è l’obiettivo a cui puntare, sapere cosa davvero può tenere in piedi l’esistenza. E cosa invece è un’illusione”.
“Di cosa hanno bisogno i giovani per sperare? Di avere davanti adulti che siano anzitutto testimoni, gente che non vende teorie a buon mercato ma crede davvero in ciò che dice. E per questo lo propone. Compagni di cammino che si mettano alla loro altezza, che siano capaci di valorizzare i loro talenti e di rispettare la libertà. Persone che li aiutino a rialzarsi dopo ogni caduta, sapendo che c’è sempre una seconda possibilità, e che i limiti non devono essere uno scandalo ma fanno parte dell’esistenza. Vivendo a Kayros, prima come ospite e da molti anni come educatore, ho imparato che le passioni vanno assecondate ma non devono farti andare fuori di testa diventando un assoluto. Non bisogna mai smettere di sognare, evitando però che il sogno porti fuori dalla realtà, come è accaduto a tanti ragazzi inseguendo il mito del successo, del denaro facile, del ‘tutto e subito’. I giovani hanno bisogno di qualcuno che scommetta su di loro e sappia proporre una strada positiva da seguire, seguendola lui per primo. Come è capitato a me incontrando don Claudio, che mi ha preso per mano e mi ha aiutato a capire che la vita è più grande di un pallone e che potevo mettere a frutto i miei talenti con i giovani di questa comunità. Se non avessi incontrato chi ha investito su di me e ha messo davanti alla mia libertà una strada da percorrere – faticosa ma interessante -, se non fossi tanto raggiunto da uno sguardo appassionato su di me, non sarei qui e non avrei continuato a coltivare la speranza”.
Giorgio Paolucci