di Bobby Farrelly, con Woody Harrelson, Ernie Hudson, Cheech Marin, Matt Cook, Kaitlin Olson
Marcus Marakovich, vice allenatore di basket di una serie minore, dopo una giornata nera (litiga con il superiore, viene licenziato e tampona un’auto della polizia), viene condannato dal tribunale a lavorare per 90 giorni con una squadra di giocatori con disabilità intellettive e difficoltà di apprendimento.
Dopo le prime resistenze e irritazioni, Marcus capisce che la squadra può andare molto più lontano di quanto immaginasse. E che per lui quella può essere un’occasione di riscatto. Solo professionale? O possono imparare tutti, loro e anche lui, da questa storia?
È appena uscito al cinema Campioni, commedia hollywoodiana diretta da Bobby Farrelly con il brillante Woody Harrelson nei panni dell’allenatore Marcus Marakovich, aiuto allenatore che pensa di valere più di quanto la vita gli offra. Il suo sogno è l’NBA, la massima serie del basket a stelle e strisce.
Ma si troverà a tentare una missione impossibile: far giocare ragazzi che con la palla a spicchi non sanno che farci. Una commedia divertente, che mette al centro la disabilità con intelligenza: intanto, e non è poco, perché in quella squadra gli attori sono veri disabili (fra l’altro , nell’edizione italiana i doppiatori sono non professionisti con sindrome di down e dello spettro autistico, per mantenere il realismo).
Ma anche perché ha uno sguardo non pietistico al tema: i disabili sono volgari, irritanti, provocatori, e rischiano di far esplodere il già esasperato coach. Sono, insomma, persone vere e con pregi e difetti come tutti – come gli fa capire Julio, che lavora per quella comunità – e quindi persone che non hanno bisogno di essere salvate ma apprezzate e accompagnate (cioè allenate); non “buoni” a prescindere.
Il film, che ha qualche debolezza nella storia (come la love story dell’allenatore con la sorella di uno dei giocatori, o il brigare di Marcus per arrivare in NBA), è il remake di un film ancora più bello, lo spagnolo Campeones che uscì da noi con il brutto titolo Non ci resta che vincere (sempre con veri attori disabili). Lo si trova su Amazon, gratuitamente per gli abbonati a Prime Video: la versione spagnola – per molti aspetti identica, anche il nome dell’allenatore che si chiama Marco – è anche meglio. Anche perché all’origine del film c’è una storia vera: ci fu una squadra in Spagna, l’Aderes Burjassot, che vinse i campionati di basket per disabili dal 1999 al 2014.
In entrambi i film, il senso è lo stesso: l’allenatore insegna ai ragazzi a diventare davvero una squadra e anche a ottenere risultati imprevisti. Ma soprattutto, sono i disabili a insegnare a Markus/Marco, il valore della loro dignità e il loro modo di guardare alla vita, comprendendo alla fine il valore di tutta l’esperienza passata insieme.
Antonio Autieri
Critico cinematografico
Direttore di sentieridelcinema.it