La vita di Davide Mesfun è un percorso duro e doloroso ma parla anche di riscatto: “l’attuale pena che sto scontando era di 24 anni, i primi 4-5 li ho passati prima in guerra con me stesso poi con il resto del mondo. Ho cambiato diversi istituti e dopo un tremendo periodo di isolamento mi sono detto ‘o vai o rimani, ma se rimani non puoi pagarla due volte’. Ho trovato nel teatro e nello sport le mie valvole di sfogo”.
46 anni, originario di Napoli racconta così la sua storia: “mi sono allontanato dalla famiglia dopo la morte di mia nonna che era il nostro collante. Ho abbandonato il liceo artistico ed il canottaggio per seguire cattive compagnie. Avevo 15 anni e non mi bastava mai, andavo sempre oltre, finché la giustizia mi ha presentato il conto: 24 anni di carcere per cumulo pene. Volevo togliermi la vita, ma sono rinato grazie al teatro, dal palco vedevo una finestra senza sbarre e la sera lavoro come cuoco in un ristorante a Porta Venezia, mi alleno molto perchè anche lo sport è un grande aiuto”.
Definito il “rapinatore galante” Davide spendeva il ricavato delle rapine in droga ed affitti per le case nascondiglio, l’ultima volta che ha indossato le manette aveva 32 anni; ha praticamente visitato tutti i carceri d’Italia ed è rimasto recluso per 9 anni consecutivi fino al 1 marzo 2016, in quel giorno gli è stato concesso un permesso che è stato l’ispirazione del suo monologo teatrale, rivedere il mondo dopo 9 anni consecutivi di reclusione è stato inebriante ed ispirante.
Si dice che il teatro sia l’arte della vita e probabilmente lo è, per Davide sicuramente, ex rapinatore, detenuto in semilibertà ad Opera, ora tiene corsi di teatro esperienziale all’Università Bicocca nell’ambito del progetto “MiLiberiSe”, con il supporto Dipartimento di Sociologia.
Il teatro dentro il carcere e l’esperienza del carcere che si fa teatro, questa frase ha preso vita realmente grazie all’Università Bicocca che ha creduto fortemente in un progetto sotto molti aspetti “particolare “, un percorso educativo e professionalizzante partito da un laboratorio teatrale tra detenuti della casa di reclusione di Opera e studenti “Giochi di luci e ombre”, da cui è nato successivamente il progetto “MiLiberiSe” diretto dallo stesso Davide.
Il teatro è strumento per raccontare le proprie esperienze, chi sale sul palco si mette a nudo e regala la propria anima al pubblico, anche per i detenuti è lo stesso anzi di più, fare teatro diventa un modo per creare comunione con le persone, per far bene a se stessi ed agli altri, per uscire dall’isolamento, per illuminare la monotonia delle giornate tutte uguali passate dietro le sbarre, è far entrare gli altri in questo di mondo.
Da qui sono nati due spettacoli scritti e diretti da lui stesso, il primo “Sguardi a confronto” è un viaggio attraverso le riflessioni di un detenuto e la sua coscienza e “27: due reclusi, sette celle”, il secondo, è una storia unica nel suo genere; un susseguirsi di déjà vu e flashback attraverso i quali Davide affronta e racconta se stesso mettendosi completamente a nudo davanti al pubblico, ripercorrendo la strada fatta dal Davide adolescente e ribelle fino al Davide di oggi, l’uomo cambiato che prova a farcela ogni giorno; in mezzo il carcere, la sofferenza, la desolante quotidianità, le privazioni e le mancanze ma anche gli incontri e gli sguardi quelli belli, quelli che, non lo sai subito, ma cambiano la vita.
Sono entrambe rappresentazioni in cui il confine tra realtà e finzione è praticamente inesistente, si percepisce il fermarsi del tempo durante i racconti e la percezione è sentire fortemente vita e quotidianità; ci si immerge totalmente in un mondo nuovo, un posto di cui spesso la maggior parte dei cittadini non percepisce neppure l’esistenza se non addirittura la nega.
L’Università Bicocca invece ha saputo costruire un ponte fra due mondi tanto diversi permettendo all’uno di permearsi dell’altro, studenti, detenuti e Davide hanno aperto una finestra sul carcere da qui chi è recluso può affacciarsi e far sentire la propria voce e chi è fuori può smettere di immaginare cosa succede all’interno ma po’ immergersi completamente nella quotidianità di questi luoghi troppo spesso dimenticati.
La storia di Davide la si può leggere anche in “Volete sapere chi sono io ? Racconti dal carcere” e “Il carcere in città. La voce, il gesto, il tratto e la parola, ovvero l’arte come evasione comune” entrambe narrazioni collettive di persone detenute, operatori e volontari.
E vista l’amicizia e la stima che legano Davide Mesfun a don Claudio è passato a trovarci in Comunità in un giorno speciale il 29 maggio ed ha augurato buon compleanno al don a modo suo con un estratto del suo spettacolo “Sguardi a confronto”, un’esperienza per chi è riuscito ad essere presente, totalizzante ed immersiva.