La parabola dell’uomo che aveva due figli mi appartiene da sempre.
Mai avrei pensato di poter rileggere oggi questa parabola delle parabole, questo vangelo nel vangelo, attraverso gli occhi, i volti e le storie dei ragazzi incontrati nel carcere minorile Cesare Beccaria di Milano e nelle comunità di accoglienza Kayròs in cui abito.
(don Claudio Burgio)
Bisogna tornare a occuparsi dei giovani più che a preoccuparsi di loro.
Le nuove generazioni hanno bisogno di adulti che facciano gli adulti e che non coltivino, in modo irresponsabile, il mito dell’eterna giovinezza.
Ma i ragazzi difficili, come i ragazzi più normali che vivono all’ombra del campanile, hanno bisogno anche di amici, di fratelli maggiori con cui mettersi in dialogo.
Il giovane della parabola non ha trovato questo fratello; per questo, nonostante l’amore sconfinato del Padre, la parabola ci lascia un po’ di amaro in bocca.
Vorrei rivolgermi non solo agli adulti, ma anche e in particolare, ai giovani e riaffermare che non possiamo dirci veramente cristiani se eludiamo la domanda di Dio: Dov’è Abele, tuo fratello?, se non ci apriamo a quell’atteggiamento che papa Francesco chiama la cultura dell’incontro.
(dalla prefazione del card. Dionigi Tettamanzi)