C’è tanta vita, tra le mura di Kayròs. Vite ferite, violentate, trascurate, esagerate. E vite che provano a rimettersi in cammino dopo una caduta, ad affrontare il mare aperto dopo avere subito la tempesta. Perché c’è sempre un buon motivo per provarci ancora, c’è sempre spazio per una seconda possibilità. Affinché questo accada, occorre che qualcuno che offra questa seconda possibilità, e che la libertà abbia l’energia per aderire a questa offerta. Servono uno sguardo attento, capace di cogliere i segni che la realtà propone, e dei “testimoni di speranza” ai quali guardare. Solo così la crisi può rivelarsi generativa, fino a diventare un’occasione di crescita. E’ quello che traspare dalle pagine di “Cento ripartenze. Quando la vita ricomincia”, il libro scritto dal giornalista Giorgio Paolucci e pubblicato da Itaca, nel quale l’autore racconta itinerari di rinascita umana di cui è stato testimone negli anni della professione o che hanno punteggiato la sua esperienza personale. Un capitolo è dedicato a Kayròs e al lavoro educativo svolto da don Claudio Burgio e dalla “compagnia di ventura” che da oltre vent’anni sparge semi di speranza sui terreni accidentati eppure potenzialmente fertili del disagio giovanile.
“Poche regole, molta vita – scrive Paolucci -. E’ una scommessa vertiginosa quella di don Claudio, consapevole dei rischi che corre lasciando ai giovani la facoltà di disporre della propria esistenza, di cadere e rialzarsi. Nessuna risposa preconfezionata, ma l’invito a chiedersi: qual è il bene che desidero per me? Punta tutto sull’educazione, sfida e si lascia sfidare da giovani che possono tradire la fiducia concessa, ma possono anche vivere il loro kayròs, l’occasione per iniziare una nuova vita. Tanti l’hanno fatto. Non sono mancate le sconfitte, ma lui continua a credere che il cuore possa essere conquistato dal fascino di un bene almeno intravisto”.
Nelle pagine del libro scorrono i volti e i nomi di persone che hanno fatto i conti con i volti della fragilità: una malattia, la perdita del lavoro, una disavventura finanziaria, la detenzione in carcere, il buco nero di una dipendenza, una crisi affettiva, la migrazione, la morte di una persona cara. Di fronte all’evidenza che nessuno è infrangibile, ci si può rassegnare o ribellarsi, ma per reagire non bastano gli slogan rassicuranti (“andrà tutti bene”), c’è bisogno di qualcosa di solido che dia significato all’esistenza. E nel mezzo della tempesta, può capitare di intravedere la presenza amorosa di Dio. Come scrive nella prefazione Daniele Mencarelli: “Dio non si lascia prendere, ma in queste ripartenze esiste un fatto, un dato incontrovertibile. Nella vita di ognuno di noi, almeno per un secondo, compare non il volto, ma la mano che ci prende e ci mette su una via fatta di salvezza. Sta a noi, poi, percorrerla o meno. Il Suo amore si compie nella nostra libertà”.